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L’Inquinamento degli assorbenti

Ogni donna utilizza assorbenti e tamponi per tre-sette giorni al mese per un periodo di vita di circa trent’anni. Ogni bambino utilizza pannolini ogni giorno per circa uno-tre (a volte cinque) anni.

Gli assorbenti erano storicamente fatti da pezzi di stoffa assemblati (cosa che per altro avviene ancora oggi in molte parti del mondo) finché Johnson&Johnson nel 1896 commercializzò i primi assorbenti industriali, il cui design è mutato di poco, eccezion fatta per l’aggiunta di ali negli anni ’70 e i materiali che sono evoluti verso prodotti super performanti.

Negli Stati Uniti gli assorbenti sono considerati un dispositivo medico e la FDA richiede ai manufatturieri di porre attenzione ai materiali e ai processi di sbiancamento, mentre in Europa le normative sono meno restrittive. Ftalati, diossina, mercurio, diversi pesticidi sono stati ritrovati, seppur in quantità insignificanti, nei prodotti costituenti assorbenti, tamponi (e di conseguenza anche nei pannolini per bambini, che condividono lo stesso processo produttivo). Le dosi a cui ogni donna viene esposta sono minori rispetto a quelle considerate dannose, eppure poco si sa dei loro effetti in vivo (ovvero nella vita reale e non in laboratorio), soprattutto se l’esposizione avviene attraverso la zona genitale che è altamente recettiva ad ogni sostanza e per un periodo di anni lunghissimo

In più c’è l’aspetto ambientale: non si può non pensare all’enorme quantità di rifiuti non riciclabili prodotti in ogni momento: tra i 5000 e 15000 di assorbenti/tamponi/pannolini utilizzati durante la vita di ogni consumatore (donna, bambino, anziano) il numero di rifiuti gettati non riciclabili e non biodegradabili è incalcolabile. E’ ora che il consumatore rifletta sui prodotti che acquista in un’ottica diversa, per se stessi e per l’ambiente.

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